Recensioni

In questa sezione vi consigliamo la lettura di alcuni romanzi, qui recensiti; racconti impegnati, appassionanti ed istruttivi.

 

Recensione del libro "Mare al mattino" di Margaret Mazzantini

                                              

      

 

'Mare al mattino' è un racconto di toccante intensità, che affronta il tema delle migrazioni; è storia di promesse, speranze inghiottite dalle acque. Le due vicende narrate sono apparentemente distanti, ma unite dalla speranza in una vita migliore, dalla ricerca, da un amuleto ritrovato su una spiaggia e dal mare, che sembra la salvezza, ma non lo è per tutti, che collega, ma divide. L'autrice è in grado di farci vivere e sentire le sofferenze degli immigrati che lasciano la loro terra, sperando in un futuro migliore. I personaggi vivono di ricordi, di profumi. Vorrebbero trovare pace, ma sfortunatamente qualcuno non vedrà mai avverato questo desiderio: morirà in un mare che appare calmo, ma che, all' improvviso, diventerà urlante e minaccioso. La Mazzantini presenta due madri, Jamila e Angelina: due mondi, due vite diverse, ma simili. La prima, nonostante la sua giovane età, riesce meravigliosamente a ricoprire i ruoli di madre e di padre. A dir poco sfortunata, coglie l'attimo e alleva il suo pargoletto con apprensione e costanza. Non fa percepire al figlio i dolori che le pervadono l'anima: ha una forza interiore incomparabile. È molto impaurita dalla guerra, ma non lo dimostra. Dà a Farid conforto e rifugio attraverso il suo petto. Cerca di tenerlo in vita e il suo più grande timore è lasciarlo da solo, in balia delle onde. Il suo bambino, che vive nella sofferenza di un' infanzia negata, rappresenta l' ingenuità e la giovinezza; non ha mai visto il mare, ma, quando lo conoscerà, scoprirà la sua vorticosa forza, che non gli lascerà scampo. Dall' altra parte c'è Vito, un ragazzo come tanti, che non pone più alcuna speranza nella sua vita e che vuole fuggire da un mondo che non sembra suo perché troppo pieno di nostalgia. Angelina, sua madre, è stata aeaba fino a undici anni, durante i quali ha conosciuto l' amore della sua vita, Alì, ma è stata costretta a separarsene. La sua esistenza è, come per tutti i personaggi di questo libro, difficile, turbata ed inquieta. Il mare è parte attiva della storia, è presente ovunque e trascina il mondo dentro di sé, costringendolo a subire i suoi umori. Rappresenta speranze per Farid, ricordi per Vito. Un altro degli ambienti predominanti è il deserto, pieno di sentimenti. In esso sono impresse orme indelebili. Un posto così disabitato, ma, nello stesso tempo, colmo di vita; pieno di dune, color oro. Le passioni che trasmette ardono nel cuore di ogni lettore. L'amore è un tema sempre presente e qui è descritto in tante sfumature diverse: da quello per la patria a quello per la famiglia, per la casa e per l' universo. L'atmosfera è suggestiva e, a volte, inquietante. Storia crudele, ma incredibilmente emozionante; breve, ma intensa, in cui si affrontano temi intramontabili: la nostalgia di un mondo perduto da riconquistare; la paura del futuro; le crude violenze di una guerra realmente combattuta; il sogno di una vita diversa dagli schemi. Due vicende avvincenti ed inebrianti, che l'autrice ha saputo intrecciare grazie a sensibilità e delicatezza. Entrambe sono raccontate con grande finezza. Lo stile paratattico conferisce al romanzo un ritmo veloce, incessante e martellante. Scrittura diretta, accattivante e carica di metafore. La focalizzazione è esterna e il narratore onnisciente. Le descrizioni sono minuziose e consentono un'eccellente comprensione del testo. Margaret Mazzantini è stata capace di coinvolgere completamente i lettori permettendo loro di immedesimarsi nella narrazione. Un romanzo per ragazzi e adulti, che presenta in maniera straordinariamente rivoluzionaria idee semplici, come il ruolo che l' amore ha nella vita di ognuno e il valore dell' esistenza stessa. Idee a cui, molto spesso, non diamo importanza.

 

DESCRIZIONE DI UN PERSONAGGIO DEL ROMANZO

LA GAZZELLA

 

La paura di Farid si tramuta immediatamente in stupore, quando si volta e vede un manto color sabbia, occhi vicini, spalancati e senza timore. La gazzella, agile come le onde del mare che si arrampicano sugli scogli, guarda Farid; i suoi occhi magici, con cornee trasparenti, si incontrano con quelli timorosi e impauriti del bambino. Farid, ormai in fin di vita, ripensa alla gazzella, ai suoi occhi che si avvicinano lentamente, al momento in cui le dà da mangiare e la guarda correre sulla chiara sabbia.

 

Recensione del libro "Nessuno si salva da solo" di Margaret Mazzantini

 
                                             
                                                    
 

   Nessuno si salva da solo è un romanzo drammatico, scritto da Margaret Mazzantini e pubblicato nel 2011.

   Racconta la crisi di una coppia, Delia e Gaetano, che sono sul punto di separarsi, pur avendo due figli. I protagonisti si incontrano a cena per decidere delle vacanze dei loro bambini. Sarà questa un’occasione per ripercorrere tutta la loro storia, da quando si sono conosciuti fino al momento in cui l’incantesimo si è rotto e i due si sono accorti di non volersi più come all’inizio.

   Delia e Gaetano sono due anime fragili, che da sole al mondo non possono stare. All’inizio, ognuno si aggrappa all’altro, sperando di trovare un po’ di pace, di iniziare a vivere come si dovrebbe, quando si è insieme. Delia è stremata da un’adolescenza che è stata una trappola. Ha convissuto con l’anoressia, che le ha tirato fuori anche l’anima. Sua madre è stata la causa di tutto il suo dolore: voleva essere giovane, stare al mondo ancora come fosse una ragazza, dimenticando completamente di avere una figlia che chiedeva aiuto. Gaetano, invece, ha alle spalle un passato segnato dal bullismo, che ricorda con profonda amarezza, quasi come se volesse vendicarsi di tutto ciò che gli è stato inflitto, a cui non si è mai ribellato.

  I protagonisti non potrebbero essere più diversi: le loro storie sanno entrambe di dolore, ma le reazioni sono opposte, così come i loro caratteri: lui duro e indifferente, lei profonda e sensibile. Purtroppo, si accorgeranno di queste differenze solo quando sarà troppo tardi.

   Quando Gae ha visto Delia per la prima volta, è stato come guardarsi allo specchio e per lei è stato lo stesso: tutti e due violentati dalla vita, entrambi fragili e già stanchi, nonostante la giovane età. Eppure, si sono scelti: due zoppi che si sostengono a vicenda riescono ad andare avanti, almeno per un po’. L’amore è stata la terapia del loro malessere e, così, ansiosi di assaporare di nuovo la vita che mancava a tutti e due, si sono sposati. Poco dopo, sono arrivati Cosmo e Nico, i loro due figli, e la loro vita è cambiata: non potevano più fare la parte dei deboli, ora dovevano stare bene e dovevano farlo per i loro bambini. Le mancanze dell’adolescenza, però, sono tornate a galla in fretta e i due giovani protagonisti, invece di unirsi, hanno cominciato ad allontanarsi. Delia non vuole che i figli crescano come lei, sentendo l’assenza della madre dalle loro vite già fragili. Gae, invece, non è abituato a fare il genitore, non sa nemmeno da dove cominciare - non ha avuto buoni esempi - e, nonostante il proposito di non diventare come suo padre, si comporta come lui: duro, senza affetto. Senza nemmeno accorgersene, i due si scoprono divisi, ma sono talmente stanchi, hanno le ossa così rotte che non provano nemmeno a ricominciare. Sanno che, comunque, non servirebbe più a niente. Gaetano inizia una relazione segreta con una ragazza; Delia si innamora di un altro, ma resta a guardarlo da lontano: il prototipo dell’uomo che vorrebbe, che, forse, avrebbe sempre voluto.

  In poco tempo, crolla tutto. Lei si fa limare i denti, rosi dall’acido del dolore, che Gae amava così tanto carezzare con la lingua. Una nuova gravidanza di Delia è davvero l’ultimo stadio del loro amore. Ormai, non c’è più speranza. “Spostare il file nel cestino”: questo fanno con quel bambino di troppo e con il loro amore.

   La Mazzantini è riuscita a trasformare in un evento straordinario e particolare una storia a cui, ormai, si assiste ogni giorno. Ha saputo dare valore a una realtà che oggi è così comune da venire sminuita: la separazione di una coppia, magari anche con dei figli di mezzo. Ma, soprattutto, ci spinge a chiederci: i due protagonisti si sono separati perché sono troppo diversi e, quindi, per problemi personali oppure questo loro allontanamento, incerto ma definitivo, prescinde anche dalla società in cui vivono e sono cresciuti? La risposta si trova nel libro stesso, nella presenza di quella coppia anziana nel ristorante, seduta al tavolo accanto al loro. Lui, malato di cancro, ma sempre sorridente; lei, che si fa trasportare dall’allegria di suo marito, nonostante cerchi di stargli accanto nella malattia, guidandolo come fosse un bambino. Quei due anziani sono lo specchio dei due protagonisti, la loro proiezione nel futuro. Potrebbero essere come loro, se solo non si facessero condizionare dalla vita, dalle vicende personali che, alla fine, li separeranno, e, soprattutto, dal mondo, che li giudica e non li accoglie. Anche quei due del tavolo accanto sono diversi sotto certi aspetti, ma hanno fatto della loro diversità un punto di forza.

    Forse, Delia e Gaetano sono incapaci di stare insieme veramente. Forse, si sono illusi dall’inizio o, probabilmente, sono troppo legati alla solitudine per abituarsi all’idea di passare la vita accanto a qualcuno capace di ascoltare, di capire, di accudire, di amare davvero. Quei due anziani aprono loro gli occhi. “Nessuno si salva da solo” è il loro messaggio e quello dell’autrice. Chissà se per Delia e Gae sarà arrivato troppo tardi o meno.

   La potenza del romanzo si riflette anche nello stile: la prosa è antiletteraria, i periodi sono brevi, la sintassi paratattica, il ritmo piuttosto veloce. Il racconto è costruito su due piani temporali: il presente, cioè la sera in cui si incontrano a cena, cui si lega il passato, sotto forma di ricordi, per lo più amari e dolorosi, attraverso i quali i protagonisti ripercorrono in qualche ora tutta la loro storia.

 Nessuno si salva da solo è un romanzo impegnato, che, leggendo tra le righe, trasmette tanti messaggi a chi sappia coglierli. Un romanzo dalla forza indomabile, che arriva dritto al cuore e che non lascia spazio a certezze.     

 

 

Recensione del libro "Il peso della farfalla" di Erri De Luca

 
                                                    
 

   Erri De Luca, provetto scalatore, scrive questo racconto “lungo”, dopo aver ascoltato, nei meriggi estivi, storie di cacciatori e bracconieri. È questa la genesi de Il peso della farfalla, pubblicato nel 2009, in cui si descrive l’incontro tra un vecchio camoscio ed un anziano, ma esperto cacciatore. Entrambi sono alla fine della propria carriera, soddisfatti della vita che hanno intensamente vissuto e consapevoli della necessità di affrontarsi per conquistare la supremazia della montagna, che costituisce lo scenario magnifico ed ostile che ospita il duello.

   Il camoscio è un animale-acrobata, che riesce a muoversi con leggera scaltrezza, senza farsi sentire; il cacciatore sente, invece, il bisogno di confrontarsi con questa creatura meravigliosa, come tutto il genere umano, che non accetta di essere inferiore alla Natura. Compare, improvvisamente, una leggiadra farfalla bianca, che va a posarsi sul corno sinistro del re dei camosci, quando il cacciatore, dopo averlo ucciso, decide di portarlo lontano dalle fauci degli uccelli necrofagi. Il peso della farfalla, dunque, è come se rappresentasse per il camoscio il fardello di una corona, ma anche quello della morte per il cacciatore, che si accascia lentamente con l’animale in spalla.

   Nel racconto si colgono chiaramente due motivi di riflessione: l’errata cognizione del presente da parte degli uomini, che cincischiano troppo prima dell’azione, e la grande esperienza del mondo animale, più capace di agire secondo le leggi che detta il tempo che scorre.

   La lettura di questo libro permette di apprezzare più che mai il mondo animale, che sa perdonare, nonostante subisca delle violenze; al contrario, il cacciatore è crudele e spietato perché, benché dotato di razionalità, non riesce a fermarsi in tempo; sembra quasi che l’autore voglia concedere la propria fiducia più agli animali che agli uomini. D’altro canto, è giustificata la difficoltà del cacciatore ad andare contro la sua natura di predatore e di bracconiere: non tutti, infatti, hanno così tanto coraggio da rinnegare il proprio lato oscuro, che, a volte, prende il sopravvento.

   Si nota facilmente, anche grazie al titolo, la contrapposizione tra il peso reale di una creatura leggiadra e lieve come la farfalla ed il macigno simbolico che in questo caso rappresenta; tale pesantezza richiama il rimorso che noi tutti dovremmo avere, dopo aver compiuto un’azione di cui ci siamo pentiti, prendendo esempio dal cacciatore, che prova a rimediare al suo errore d’impeto.

   Nel corso della storia c’è anche una breve presenza femminile, una giornalista, che chiede al cacciatore di raccontarle una delle sue avventure, ma quest’ultimo rifiuta con tutte le forze, comunicando il suo bisogno represso di avere contatti con il mondo femminile.

   Il racconto è scorrevole e presenta una sintassi paratattica, con periodi corti e ritmo veloce, che testimoniano tutta l’arte di Erri De Luca nello scrivere storie brevi, ma intense, che lasciano il segno.