Eziologia e finalità del sito  

 

  Il sito “Organizzazione per la Liberazione del Congiuntivo" (OLC) nasce dall'idea di un professore e dei suoi alunni, ma, in particolare, dalla lettura di Italo Calvino, il quale, nelle Lezioni Americane, scrive di aver timore della cosiddetta "peste del linguaggio", cioè della perdita di valore e dell'uso sgangherato delle parole.

   A noi è sembrato che le paure dell'autore stessero avverandosi, a causa dei tanti errori che, ormai, molte persone, anche a scuola, commettono nel parlare, a partire proprio dall'uso scorretto del congiuntivo. Per questo abbiamo deciso di dare il nostro contributo affinché tutti possano provare ad esprimersi correttamente in italiano.

I A  a.s. 2014/2015

LE PAROLE

 

Le parole… cosa sarebbe il mondo senza di loro? Un rombo muto e silenzioso, pieno di emozioni, ma incapace di esprimerle. L’uomo, sin da quando aveva “erectus” per cognome, ha provato a stringere rapporti che andassero al di là della gestualità e dei segni. Così, quasi meccanicamente, sono nate le parole e, se non si fosse verificato questo evento, l’uomo avrebbe avuto sempre e solo quello strano cognome.

Il tempo, però, passa veloce; la lingua si è evoluta e il genere umano, parlando, ha imparato sempre meglio ad esprimere pensieri. Il numero delle parole è diventato spropositato; se ne sono aggiunte così tante alla lista, giorno per giorno, da rendersi necessario creare “un libro” che potesse contenerle tutte, il vocabolario, che è diventato, nel tempo, oggetto indispensabile nella vita di ognuno. Pian piano, si è arrivati ai secoli più significativi della storia delle parole nel mondo: il Settecento e l’Ottocento. Leggere romanzi risalenti a tali epoche è consolante, inebriante e permette di capire quale sia l’uso veramente corretto delle parole che usiamo. I dialoghi sono le parti che lo dimostrano più di tutte: sembra che chi parla sappia sempre cosa dire, usando parole giuste al momento opportuno. C’è una sorta di “uso regale” delle parole, che, poste sulla bocca di quei personaggi, diventano universali, attraversando secoli e paesi, ma rimanendo sempre nuove, fresche, rivoluzionarie. Anche i giovani di oggi dovrebbero provare queste sensazioni, leggendo i romanzi; almeno imparerebbero che chi usa “poiché” invece di “perché” non è impazzito, ma  ha soltanto letto dei libri.

Forse, prima di imparare nuovamente a usarle, si dovrebbe comprendere lo scopo principale per cui le parole sono nate: essere pronunciate, ma anche essere ascoltate. Non si deve parlare, se prima non si è pronti ad ascoltare. Un re che detta legge, ma che non sa prestare attenzione alle parole ed alle richieste del suo popolo diventa un tiranno, così come un presidente che decide di non dare ascolto alla volontà della cittadinanza “tappa la bocca” alla democrazia. La libertà di parola esiste proprio per questo. E’ anche molto interessante apprendere dagli altri, semplicemente ascoltando ciò che dicono.  Capita molto spesso di rimanere incantati da una persona per il suo modo di parlare, prima che per la bellezza o per  l’abbigliamento. Inoltre, ascoltando, si può crescere interiormente. “Un linguaggio diverso è una diversa visione della vita”: è un bellissimo pensiero di Federico Fellini, che può aiutarci a capire quanto le parole siano l’espressione più evidente del pensiero di ognuno. Quando una persona è giù di morale, non riesce ad usare parole allegre né a parlare con brio, mentre, se si è felici, inevitabilmente si parla con più enfasi e gioia. Ebbene, da ciò possiamo facilmente evincere che, se meglio si ascolta, meglio si parla. In secondo luogo, stiamo discutendo pur sempre di parole, non di armi; con esse non si va in guerra, si tenta il progresso e, quindi, è bene usarle, ma per confrontarsi e crescere. 

Oggi, purtroppo, si è avverato ciò che Italo Calvino temeva di più: le parole hanno perso  valore, sono pronunciate istintivamente, senza rifletterci troppo, come se quello che diciamo possa non valere nulla ed essere dimenticato il giorno dopo da noi  e dagli altri. Molte volte, si fa uso di una parola senza conoscerne davvero il significato, ma il vero problema non è tanto l’errore in sé, quanto l’incapacità di correggerlo. Non c’è più quasi nessuno che parli con la consapevolezza di ciò che dice ed è per questo che si peggiora. Bisognerebbe esercitarsi a parlare anche poco, ma bene, proprio come usavano fare i giovani nella Grecia classica, che imparavano dai sofisti l’arte oratoria, ritenuta fondamentale per la carriera di ogni uomo. Ma chiediamoci: a noi importa ancora  tutto ciò? Saper parlare in pubblico ha ancora il suo valore? Forse no. In passato, era proprio la politica ad esigere una certa proprietà di linguaggio; quella di oggi (ammesso che possa ancora essere chiamata “politica”) è, al contrario, lo specchio di un’ignoranza che è diventata la regola, non l’eccezione. 

   In merito all’uso attuale delle parole, si può assistere a due fenomeni opposti, il primo dei quali dilaga tra i giovani ed è una specie di “anoressia” verbale. Gli adolescenti, infatti, non sanno parlare correttamente e si riducono a pronunciare le parole distrattamente, quasi a monosillabi. Il secondo caso riguarda, invece, molte persone, di tutte le età, che cercano di usare più parole possibili con lo scopo di apparire colte e dotate di un vasto vocabolario, ma poi, spesso, eccedono e cominciano a sbagliare. In entrambi i casi, si tratta di un uso errato e oltraggioso delle parole. Probabilmente, per comprendere la loro importanza e lo spreco che ne facciamo, basterebbe pensare a chi è impossibilitato persino a usarle, alle persone sordo-mute, che, purtroppo, per questa loro “mancanza”, vengono quasi escluse dal mondo. Esse desidererebbero così fortemente avere la parola da rimanere allibite a sentire il cattivo uso che tutti gli altri ne fanno. Proprio queste persone dovrebbero consentirci di riflettere sul modo in cui parliamo, spesso a vanvera e senza dare un significato a ciò che diciamo. I sordo-muti darebbero qualsiasi cosa per poter proferire una sola parola, mentre noi ne pronunciamo a fiumi, senza dare loro importanza alcuna. Sarebbe cosa buona  prestare più attenzione ai pensieri ed ai discorsi che ne derivano e, se dobbiamo proprio dire che, oggi, si può fare affidamento solo sulle parole giacché i fatti non le accompagnano più, almeno usiamole come si deve, sebbene sia una magra consolazione.